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Con l’aumento dell’inflazione, la personalizzazione delle relazioni è sempre più chiave per la fidelizzazione

Esiste una regola generale sull'inflazione dei prodotti alimentari: quando il tasso sale a circa il 5%, i comportamenti dei consumatori iniziano a cambiare[i]. Al momento in cui scriviamo, l'attuale tasso di inflazione in Italia è superiore al 10%, il che porta alla logica domanda: quanto sono già cambiati questi comportamenti?

I risultati dell'ultimo studio Consumer Pulse di dunnhumby forniscono almeno una parte delle risposte. Il Pulse, un programma di ricerca internazionale lanciato nel marzo del 2020, era stato originariamente concepito per monitorare la risposta dei consumatori alla pandemia di Covid-19. Con il rilascio del nono e più recente studio della serie, tuttavia, possiamo desumere quanto l'aumento dei prezzi dei prodotti abbia già iniziato a influenzare le scelte di acquisto.

Alcuni di questi cambiamenti sono sottili e in gran parte personali. Vediamo una tendenza graduale verso le marche private, per esempio, i clienti sembrano voler ridurre i costi della loro spesa passando ad alternative a basso prezzo. L'uso dei coupon è aumentato, così come il numero di persone che dichiarano di acquistare determinati prodotti solo quando possono ottenerli a un prezzo scontato. Altri cambiamenti comportamentali, tuttavia, hanno implicazioni molto più ampie.

Tra febbraio e settembre 2022, ad esempio, la percentuale di acquisti settimanali effettuati nei discount in Italia è passata dal 28% al 35%. Anche gli ipermercati, nello stesso periodo, hanno registrato un aumento simile (dal 26% al 32%) mentre il traffico verso i convenience store è diminuito e quello verso i negozi di alimentari tradizionali è rimasto relativamente stabile.

Ci sono anche altri segnali che indicano che i rivenditori tradizionali stanno affrontando una concorrenza più dura. Non solo un numero maggiore di acquirenti inizia a cercare online prezzi migliori  (dal 30% del 2021 al 38%), ma si assiste anche a un netto calo del numero di persone che fanno la maggior parte dei loro acquisti in un unico punto vendita. A febbraio, quasi la metà degli italiani (41%) faceva acquisti principalmente presso un'unica insegna; oggi la percentuale è scesa a meno di un terzo (28%).

La fedeltà, quindi, è in pericolo. Con l'ascesa dei discount, per gli acquirenti italiani è sempre più difficile resistere al richiamo di questi concorrenti più economici. Per i rivenditori tradizionali si presenta una scelta difficile: puntare sul valore o trovare altri modi per fidelizzare i clienti.

Nei nostri articoli inerenti all'impatto dell'inflazione, abbiamo esplorato due modi interconnessi in cui i retailer possono rispondere a questo fenomeno. Da un approccio strategico ai prezzi e alle promozioni fino a un nuova gestione delle categorie, abbiamo esplorato alcune soluzioni efficaci - ma in gran parte operative - al problema dell'inflazione. In questo ultimo articolo, vorrei affrontare una terza questione che è alla base di entrambe.

Fidelizzare i clienti in tempi difficili come questi richiede in ultima analisi comprensione. Come dimostrano i risultati del nostro ultimo studio Consumer Pulse, le esigenze dei clienti stanno cambiando in modo incredibilmente rapido, ma anche in un modo molto profondo. Se i retailer vogliono rispondere in modo efficace e avere le migliori possibilità di fidelizzare i propri clienti, hanno bisogno di una vera comprensione delle esigenze e delle aspettative che contano di più per i loro acquirenti.

Questo vale per tutti gli aspetti delle attività di un retailer, ed in particolare per il coinvolgimento dei clienti.Grazie ai progetti avviati con i clienti di tutto il mondo, abbiamo constatato che la personalizzazione guidata dagli insight può avere un impatto decisamentre positivo sulla percezione dei prezzi, oltre a favorire il traffico complessivo, l'aumento delle vendite e l'efficienza operativa generale.

Una delle principali sfide che molti retailer italiani si trovano ad affrontare è l'eccessivo ricorso a promozioni di ampio respiro. Se in apparenza offrono un valore, in realtà queste attività fanno poco per distinguersi dalla concorrenza e possono avere un impatto scarso o addirittura negativo sui margini. Non solo queste promozioni sono tipicamente inefficaci, ma possono anche confondere i clienti e danneggiare la percezione dei prezzi, soprattutto in tempi di inflazione.

Sebbene non sia più universalmente vero, uno dei principali elementi di differenziazione tra retailer tradizionali e discount è il fatto che questi ultimi tendono a non specializzarsi in programmi di fidelizzazione dei clienti. Di conseguenza, non disponendo né di dati né di mezzi per offrire promozioni personalizzate, i discount si trovano in una posizione di svantaggio dal punto di vista del coinvolgimento dei clienti.

Alla luce di ciò, e sulla base di quanto detto in precedenza in merito all'inefficacia, vediamo un'importante opportunità per i rivenditori tradizionali di ripensare la propria strategia promozionale, abbandonando le offerte non mirate e investendo invece maggiormente in offerte pertinenti e personalizzate in base alle esigenze e alla mentalità dei clienti.

Questo approccio "Customer First" è fondamentale per due motivi. In primo luogo, fornisce ai clienti un valore personalizzato sotto forma di offerte e sconti sugli articoli che acquistano più spesso. Questo, di per sé, può essere un ottimo meccanismo di difesa quando l'attenzione è rivolta soprattutto al prezzo. In secondo luogo, dimostrando un'acuta comprensione delle esigenze e delle preferenze individuali, si contribuisce a creare una maggiore fedeltà e fiducia.

Per coloro che sono preoccupati dal pensiero che la riduzione del numero di promozioni attive possa avere un impatto negativo sui margini, dovrebbe essere un sollievo apprendere che in realtà è vero il contrario. Infatti, grazie ad un progetto realizzato con uno dei principali retailer europei, abbiamo supervisionato che a fronte di una riduzione del 10% delle vendite promozionali l'efficacia complessiva è aumentata del 7%, pari a oltre 115 milioni di euro di vendite.

La personalizzazione delle offerte potrebbe non essere l'unico modo per i retailer di affrontare l'impatto corrosivo dell'inflazione. Tuttavia, dato che i clienti diventano sempre più selettivi nelle loro scelte d'acquisto, essa rappresenta un modo per offrire un maggior numero di offerte giuste ai clienti giusti. E questo, visto che la fedeltà continua a diminuire di fronte all'aumento dell'inflazione, potrebbe essere la chiave per superare i momenti critici che ci attendono.

 

 

[i] The Best Customer First Strategies for Inflationary Times: Part One – dunnhumby.com, 24 novembre 2021

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